Chris DeArmitt: il paradosso della plastica e l’importanza della scienza
Parliamo di plastica insieme a Chris DeArmitt, autore di Plastics Paradox, il libro che smonta i pregiudizi e le crociate contro uno dei materiali alla base della vita contemporanea, ringraziandolo una volta di più per la preziosa collaborazione con Promix.
→ Ogni peccato ha bisogno del suo demonio da incolpare per rendere più agile l’assoluzione.
Così accade alla plastica, materiale versatile di cui la vita contemporanea ha beneficiato talmente tanto da renderla non solo scontata, ma anche “incolpevolmente colpevole” di molti dei mali del mondo. E così, un po’ come accadeva alle donne del Medioevo punite come streghe quando troppo consapevoli della loro intelligenza, così il materiale che ha rivoluzionato – fra i tanti aspetti della vita – la diffusione dei medicinali, la conservazione dei cibi, la costruzione dei mezzi di trasporto e la distribuzione delle bevande è divenuto il nemico pubblico numero uno da combattere. E questo perché? Perché abbiamo confuso l’abuso con l’uso (il mono-uso) e il nostro atteggiamento scorretto con una peculiarità intrinseca degli oggetti.
Buoni e cattivi
La plastica non è né buona, né cattiva. A essere giusto o sbagliato non è il materiale, quanto l’utilizzo che se ne fa. Se 40 anni fa avessimo cominciato a sanzionare pesantemente chi buttava le bottigliette in giro e chi disperdeva materiali nell’ambiente la nostra coscienza ecologica sarebbe stata certamente più raffinata e meno legata alla diffusione di notizie non verificate, soprattutto da parte di persone non scientificamente preparate. Se n’è accorto Chris DeArmitt, scienziato con un dottorato di ricerca in chimica e membro onorario della Royal Society of Chemistry, che ha scritto l’ormai celebre The Plastics Paradox quando ha notato che giravano informazioni sbagliate sulla plastica, a partire dalla scuola. “Alle mie due figlie è stato insegnato che la plastica non si degrada”, ci racconta il professore americano. “Dopo essermi arrabbiato per quella che è evidentemente una bugia, ho deciso di verificare tutte le altre affermazioni fatte sulla plastica e sull’ambiente. Finora, tale verifica dei fatti ha comportato la lettura di oltre 4000 studi scientifici e rapporti sul ciclo di vita e la scoperta che praticamente ogni affermazione sulla plastica è del tutto smentita dalla scienza“.
Il destino nelle nostre mani
Sia chiaro: le immagini delle isole di plastica che si muovono negli Oceani e degli animali marini soffocati da scarti usa e getta colpiscono chiunque. Il fatto è che non è la plastica ad aver scelto di finire nel posto sbagliato. Siamo noi a non averla smaltita e prima ancora utilizzata correttamente. E questo, ce lo dice chiaramente anche DeArmitt, vede tutti noi in prima fila. “Ciò che accade ai rifiuti di plastica e il fatto che vengano riciclati o meno dipende in gran parte dall’utilizzatore finale, non dalle istituzioni. Prendiamo l’esempio delle cannucce: spetta al cliente rifiutare semplicemente una cannuccia e fare la scelta più ecologica. Se abbiamo bisogno di una cannuccia, quella di plastica ha il minor impatto e diventa più ecologica a ogni riutilizzo. Mia figlia ne ha riutilizzata una più di 50 volte e un amico, dopo oltre 100 utilizzi, aveva una cannuccia ancora in perfette condizioni. L’idea del monouso è spesso determinata da noi, non dal prodotto o dal materiale. Quando si tratta di smaltimento, gli studi dimostrano che oltre l’80% dei rifiuti viene gettato intenzionalmente, quindi non ha nulla a che fare né con il produttore, né con l’istituzione. Strategie efficaci per modificare i rifiuti dei consumatori sono: l’istruzione, i depositi e le multe“.
Informazioni corrette e azioni concrete
Approfondiamo il concetto di istruzione, che in epoca di social accentua l’importanza del suo ruolo per contrastare l’insorgere e il diffondersi delle fake news. “L’azione più importante che possiamo intraprendere è quella utilizzare le nostre opinioni e settare le nostre politiche su informazioni realmente vere e verificate. Personalmente ho deciso di fornire i fatti gratuitamente, il che ha comportato il dover leggere migliaia di studi e trascorrere migliaia di ore a fare un lavoro non retribuito. Anche per questo penso che sia ragionevole chiedere alle persone di dedicare 5 minuti a fare in modo che il pubblico e i politici possano compiere scelte sagge che riducano, anziché aumentare, i danni. Paradossalmente, molte delle persone più appassionate e premurose stanno facendo i danni maggiori perché non hanno verificato i fatti prima di agire”.
Chi è Davide e chi è Golia
Come spesso accade, le battaglie in buona fede condotte da persone inconsapevoli sono manovrate da interessi economici profondi e ben nascosti. “Penso che sia facile fare i prepotenti con l’industria della plastica. Mi è stato detto che altre industrie stanno finanziando pesantemente gli attacchi alla plastica per proteggere i propri interessi commerciali. Nel frattempo, l’industria della plastica non ha fatto praticamente nulla per correggere la disinformazione diffusa dalle industrie rivali e propagata dai media” (e dai social, ci permettiamo di aggiungere). È un peccato perché ora un’opinione pubblica fuorviata sta facendo delle scelte e richiedendo politiche scientificamente certe che aumenteranno massicciamente i danni al nostro ambiente. Quando si fanno scelte basate sulla finzione e sulla pancia, spesso il risultato non è positivo. Molti dei gruppi “ambientalisti” di cui ci fidiamo hanno abbandonato l’ambiente e ora stanno diffondendo disinformazione per ottenere donazioni e arricchirsi. Questo deve finire”.
L’1% del problema
Quindi, occorre cambiare le domande per ottenere risposte nuove. Occorre soprattutto studiare e cambiare le prospettive. “Quando ho scritto Il paradosso della plastica il paradosso era chiedersi se la plastica fosse davvero buona o cattiva. A questa domanda è stata data una risposta chiara da centinaia di studi sull’uso dei materiali, sui rifiuti, sul degrado, sulle microplastiche e così via. Dalla scienza sottoposta a revisione paritaria vediamo che il vero paradosso è il motivo per cui tutti parlano di plastica quando questa costituisce meno dell’1% dei materiali che utilizziamo, dei rifiuti che creiamo, delle emissioni di gas serra e dei danni complessivi. Perché non si parla e non si concentra l’attenzione politica sul restante 99% del nostro problema ambientale? Finché ignoriamo quel 99% e continuiamo la nostra illogica ossessione per la demonizzazione della plastica, siamo destinati al fallimento”.