PlastiCare, la comunicazione industriale a favore della plastica: parlano Guzman Polymers e Prosilas

PlastiCare, la comunicazione industriale a favore della plastica: parlano Guzman Polymers e Prosilas

“Ma certo che la plastica è un’invenzione formidabile, bisogna però imparare a usarla con rispetto.”

C. Scaffidi – Giornalista e Docente Universitaria

PlastiCare, una campagna di comunicazione controcorrente, a supporto della plastica. Ne parliamo insieme ai vertici di Guzman Polymers e Prosilas.

Liberare il mondo dalla plastica o la plastica dalla scelleratezza del mondo?  Analizziamo PlastiCare insieme a Guzman Polymers e Prosilas

Il futuro difficilmente può collegarsi a un ideale 100% plastic free, ossia completamente privo di plastica. Lo slogan relativo ad un movimento sempre più preponderante e trasversale, celebra la liberazione del mondo dalla plastica secondo un obiettivo distorto. Non tiene però conto che la plastica, utilissima, può rappresentare in alcuni casi una scelta molto più sostenibile rispetto ad altre risorse, con tante prospettive che meritano di essere valorizzate nel modo corretto e senza pregiudizi infondati.

Proprio da qui nasce la campagna PlastiCare, sviluppata da Promix in collaborazione con Guzman Polymers. Il messaggio ha lo scopo di comunicare un utilizzo più intelligente e consapevole delle materie plastiche. PlastiCare stimola inoltre una forma mentis  condivisa fra le imprese industriali e che abbracciano lo stesso tipo di filosofia ed approccio.

Approfondiamo attraverso una doppia intervista, il modello PlastiCare insieme a Fulvio Confalonieri, General Manager di Guzman Polymers e Vanna Menco, CEO di Prosilas, service e partner del gruppo internazionale Prototal.

In che modo la plastica ha influenzato e sta influenzando concretamente la produzione industriale? La parola a Guzman Polymers e Prosilas

F.C.: Se nel 1800 si muovono le prime scoperte nel campo dei polimeri, è nel 1900 che la scienza accelera compiendo passi da gigante, scoprendo e industrializzando i nuovi tecnopolimeri fondamentali per lo sviluppo dell’umanità. Non c’è infatti campo tecnologico che non abbia tratto vantaggio dall’impiego di plastiche: il settore medico, tessile, alimentare, automobilistico, ecc. L’introduzione della plastica nell’ampio scenario dei materiali ha aperto nuove strade che erano impensabili fino a 60 anni fa, anni in cui la produzione mondiale si attestava intorno ai 15 milioni di tonnellate di plastica per essere oggi ben oltre i 350 milioni. Il 51% proviene dall’Asia, il 18% dagli Stati Uniti e il 17% dal continente Europeo

V.M:  La scoperta delle materie plastiche ha influenzato ogni settore industriale, portando benefici e nuove possibilità di sviluppo. La scelta è ricaduta su questo materiale per numero di applicazioni possibili e per caratteristiche tecniche.  Inoltre, molte innovazioni tecnologiche e prodotti hanno beneficiato dell’utilizzo dei polimeri e ciò ha permesso uno scatto verso una progressiva modernizzazione che ha investito tutto il sistema di vita che conosciamo oggi. La manifattura additiva nasce nel 1986 quando Chuck Hull pubblica il brevetto dell’invenzione della stereolitografia. Il processo implica la creazione di oggetti solidi in polimero fotosensibile: strato dopo strato si indurisce la parte stampata in 3D. Possiamo affermare che è proprio grazie alla plastica che si è giunti alla tecnologia additiva.

Quali prodotti o categorie merceologiche risulterebbero più a rischio, se abolissimo il consumo di plastica? Con quali svantaggi per il mercato, per l’uomo e per il Pianeta? 

F.C.: Abolire la plastica non è possibile e nemmeno auspicabile. Ma soprattutto: perché farlo? Una cosa deve essere chiara: l’abolizione della plastica significherebbe la regressione totale dell’umanità. L’introduzione della plastica non è stato un errore di valutazione bensì la fantastica inventiva dell’uomo che è stato capace di trasformare un bene in un altro bene più prezioso. L’elenco delle applicazioni plastiche è infinito. Per capire che un mondo senza plastica non è certo un buon augurio, è sufficiente pensare alle innumerevoli applicazioni di alcuni tecnopolimeri in campo medico o all’imballaggio degli alimenti, grazie al quale si riducono gli sprechi, estendendo la shelf life dei prodotti confezionati e garantendo qualità e sicurezza. O anche alle tecnologie di comunicazione. La plastica rappresenta quindi una risorsa potente e versatile, per cui gli sforzi della scienza dovrebbero semplicemente concentrarsi sulla sua continua ottimizzazione, mentre quelli del normale cittadino sulla gestione del prodotto finito e degli scarti, in accordo a quanto espresso dalle normative vigenti in tema di tutela e valorizzazione dell’ambiente.

V.M. L’abolizione totale delle materie plastiche avrebbe un impatto epocale. Rinunciare ad un certo tipo di performance, di applicazione e di design sarebbe una grande e inutile sfida. E’ sensato concentrare gli sforzi verso l’innovazione: un utilizzo più consapevole dello sviluppo di materiali, di processi a basso impatto ambientale e la creazione di sistemi più efficienti per la gestione dei rifiuti. L’utilizzo dei polimeri agisce già nei processi di miglioramento dell’efficienza energetica.

Oggi quali segmenti di mercato beneficiano maggiormente dall’uso della plastica e da un approccio PlastiCare? E quali altri potrebbero beneficiare di ancora di più?

F.C.: In primis direi l’imballaggio, il cui mercato in Europa rappresenta, da solo, circa il 30% del volume complessivo. Segue poi l’edilizia, il settore automobilistico, elettrico ed elettronico. Certamente in campo edile stiamo osservando un forte incremento nell’uso dei polimeri per l’efficientamento energetico. Altresì dicasi per il settore dei trasporti, per cui i nuovi sistemi di propulsione sono ingegnerizzabili grazie all’impiego di tencopolimeri molto performanti. 

V.M. Il settore automotive è stato uno dei primi ad avvalersi delle soluzioni provenienti dalla manifattura additiva a polimero. Ad oggi ne è uno dei maggiori fruitori. Anche il campo medico ha potuto sviluppare nuove applicazioni dall’alto valore sperimentale. Senza dimenticare gli altri campi industriali, che attraverso l’uso delle tecnologie additive e, di conseguenza, dei polimeri, possono produrre più velocemente e a prezzi più vantaggiosi. Davvero una grande spinta verso l’innovazione tecnologica.

Parliamo di materiali insieme a Guzman Polymers e Prosilas: commodities, engineering, tecnopolimeri e biopolimeri. Quali trovano oggi maggiore applicazione nell’ambito della produzione industriale e/o additiva? In quali ambiti e con quali risultati/benefici? 

F.C.: Il settore dei biopolimeri ha certamente registrato una crescita impressionante negli ultimi dieci anni, seppur i settori applicativi sono, attualmente, ancora limitati. I tecnopolimeri più tradizionali, penso per esempio alle Poliolefine, Nylon e Policarbonato continuano ad essere trainanti e difficilmente sostituibili in un’ottica massiva. Piuttosto, ciò che attualmente si sta osservando è, per questi stessi polimeri, lo sviluppo di tecnologie produttive volte alla riduzione dell’impatto ambientale. Pensiamo per esempio utilizzo di feedstock alternativi al petrolio (tall oil per esempio); fonti rinnovabili; riciclo chimico e meccanico. 

V.M. Nonostante le tecnologie di manifattura additiva possano supportare un numero ancora limitato di materiali plastici, molti sforzi si stanno concentrando per migliorare la sostenibilità della filiera. A questo proposito possiamo parlare dell’introduzione del PA11, una Poliammide bioplastica di derivazione da fonti rinnovabili. Viene utilizzata per la conversione di alcune produzioni sfruttando le sue caratteristiche migliorative in termini di impatto ambientale. Anche i tecnopolimeri sono oggetto di studi approfonditi per operazioni di metal replacement. Questi consentono infatti di migliorare le performance in termini di risparmio energetico e di sostituire l’uso dei metalli, la cui lavorazione continua ad avere un forte impatto ecologico ed economico. Possiamo, inoltre, citare il Policaprolattone. Largamente utilizzato nel campo medicale, è un materiale grazie al quale siamo in grado di stampare in 3D dispositivi impiantabili e assorbibili dal corpo umano, come stent bronchiali e strutture per agevolare la ricrescita ossea.

La plastica è al centro di molte polemiche. Tuttavia la questione del suo corretto smaltimento in ottica PlastiCare non viene mai approfondita né affrontata seriamente, con un grande spreco di risorse ed una crescente insoddisfazione. Perché? 

F.C.: In generale io credo che il tema del corretto smaltimento della plastica e valorizzazione della stessa sia un tema ancora complicato da gestire nella sua totalità. Pertanto, credo che sia culturalmente che tecnologicamente ci vorrà ancora del tempo prima che il sistema raggiunga la sua massima efficienza. Fermo ciò, e a livello del comune cittadino, credo si debba insistere e persistere su alcuni punti cardine. In primis riduzione degli sprechi, e ciò a prescindere che si tratti o meno di plastica; il rispetto dell’ambiente e un maggiore senso civico, per cui il corretto smaltimento di ogni bene a fine vita diventi una pratica quotidiana scelta e non più subita. Piuttosto, ciò che più mi sorprende e spaventa, è osservare come spesso il tema della plastica venga dibattuto senza tenere conto dei dati scientifici più accreditati, giungendo a conclusioni distorte ed ingannevoli e che in tanti casi portano a legiferare soluzioni tecniche decisamente discutibili.

V.M.: Il tema dello smaltimento dei rifiuti è  pieno di criticità che, ad oggi, non hanno ancora trovato soluzione effettiva. Il primo grande errore è considerare la plastica come un unico materiale o un insieme di materiali simili. In realtà tra polimeri ci sono delle differenze chimicamente sostanziali. Per prima cosa bisognerebbe ribaltare l’idea consolidata che un prodotto in plastica sia qualcosa di economico e scadente: ciò può essere fatto, ad esempio, creando manufatti che abbiano valore sul mercato e nel tempo ed evitando, per quanto possibile, gli oggetti monouso. Successivamente, occorre affrontare il tema dei rifiuti con un approccio sistematico che parta dalla corretta informazione del consumatore fino ad arrivare al miglioramento dell’organizzazione della catena di smaltimento e riciclo.

Nel suo libro “Il Paradosso della Plastica”, lo scienziato Chris De Armitt elenca una serie di falsi storici diffusi in merito alla plastica. Quali sono i più pericolosi? La parola a Guzman Polymers e Prosilas

F.C.: Il merito che certamente va dato al dr. Chris De Armitt nel libro “Il Paradosso della Plastica” è quello di aver mosso l’opinione pubblica a rifocalizzare la discussione sulla plastica non più su vaghe informazioni, spesso fake news, ma bensì su fatti e dati scientificamente provati. I consumi reali della plastica rispetto agli altri materiali, l’impatto ambientale della plastica verso materiali erroneamente considerati più green da gran parte dell’opinione pubblica, la pericolosità della plastica per il genere umano. Questi sono solo alcuni degli esempi che il dr. Chris DeArmitt sottopone all’attenzione del suo pubblico, cercando di argomentarli sempre in modo estremamente scientifico. A tal proposito, mi permetto di dire che l’accesso all’informazione via internet è una grande conquista del nostro secolo, ma al tempo stesso è una pratica estremamente pericolosa perché diventa difficile, se non talvolta impossibile, filtrarla e verificarla. Quello delle microplastiche, per esempio, sulla cui origine e pericolosità spesso si dibatte, è un capitolo estremamente interessante perché libera il terreno da informazioni spesso false e su cui si basa gran parte della campagna demonizzatrice Plastic Free, contro la plastica.

V.M:  Diamo merito all’autore DeArmitt per aver scardinato molti, se non tutti, i luoghi comuni veicolati dai media sulla plastica. Ha suscitato la mia attenzione il concetto della sostituzione della plastica con materiali biodegradabili (come ad esempio la carta ) e ho trovato lodevole l’approccio scientifico che l’autore vi ha dedicato. La lavorazione della carta ha un maggiore impatto sulla produzione della CO2. Possiamo ben intendere, perciò, che le cause dell’inquinamento mondiale non sono i materiali in sé ma i processi di produzione e smaltimento. Di conseguenza, la soluzione è rendersi conto che è il comportamento umano il fulcro di questo cambiamento.  Inoltre, non è vero che le materie plastiche sono la prima causa di inquinamento. Questo è stato dimostrato da un istogramma fornito dall’EPA (U.S. Environmental Protection Agency), il quale ci mostra come in realtà siano la carta, il cartone (26.0%), i rifiuti alimentari (15.2%) e gli sfalci da giardino (13,2%) le maggiori cause dei rifiuti nel mondo.

Senza l’educazione delle persone all’utilizzo e al corretto valore della plastica il problema sarà sempre osservato da un unico punto di vista, negativo. Da dove possiamo cominciare per sovvertire il paradigma ed ampliare la visione, secondo Guzman Polymers e Prosilas? 

F.C.: Ci vuole innanzitutto un’informazione il più possibile scientifica e neutrale. Lontana cioè da ogni genere di gioco lobbistico. È necessario poi insistere su un processo educativo volto ad un uso serio e responsabile della plastica, ma direi più in generale di ogni risorsa, e che parta dai giovani, fin dai primi anni. Con molta pazienza perché questo processo richiederà molto tempo. In termini legislativi poi ci vuole serietà e determinazione affinché ogni azione contro l’ambiente non passi impunita. Infine, ma non da ultimo, il modo politico deve assecondare lo sviluppo di un piano industriale lungimirante.

V.M.:  Fornire informazioni più scientifiche e meno sensazionalistiche è il miglior modo per creare una cultura e, di conseguenza, un comportamento corretto. Scorciatoie come spostare l’attenzione su un nemico comune non sono utili a risolvere il problema, anzi, deviano le energie nella direzione sbagliata. L’unica soluzione è quella di affidarsi al progresso tecnologico e scientifico.

PlastiCare, la campagna di divulgazione avviata da Guzman Polymers insieme a Promix Agency e finalizzata ad un uso più consapevole ed equilibrato della plastica: come interpreta personalmente questo concetto? 

F.C.: La plastica è una risorsa immensa e non un male, ma ovviamente, e come tutte le cose, può diventarlo se usata in modo irrispettoso e disequilibrato. PlastiCare per me significa uso intelligente e responsabile della plastica e riduzione degli sprechi. Pertanto: Less Plastic free, more PlastiCare!

V.M.: Partiamo dal concetto di consapevolezza. Essere consapevoli vuol dire essere “in contatto”, “in relazione”, saper stare nel rispetto dei limiti. E questa è cosa infinitamente più complessa dell’essere meramente consci dell’accadere di un evento. Prendersi cura dell’ambiente vuol dire, innanzitutto riconoscere l’esistenza di un altro che ha il nostro stesso valore e rispettarne i limiti, i bisogni e le possibilità. Se partiamo da questa consapevolezza ecco che la sostenibilità, intesa non solo come attenzione a tutti i processi, ma anche  e soprattutto verso il fornire una risposta adeguata ai bisogni, diviene cura (“care”) per eccellenza.

Uno slogan, PlastiCare, inteso come un freno alle frasi fatte, assolute.

Frasi non basate su dati e informazioni reali. PlastiCare è un invito a sposare il concetto di “plastica sostenibile” attraverso un impiego più serio del materiale, dalla nascita del prodotto fino alla fine del suo ciclo di vita. Progettare quindi manufatti di qualità ma che siano soprattutto facilmente riciclabili. Una sfida, quella di Guzman Polymers, di Prosilas e di tutte le imprese che abbracciano un approccio PlastiCare, dove la plastica deve poter essere utilizzata con consapevolezza, lungimiranza e senza inutili sprechi, affinché possa trarne beneficio il mercato industriale, la popolazione, l’ambiente e l’intero pianeta.