Imprese italiane all’estero, consapevolezza e buone guide

Imprese italiane all’estero, consapevolezza e buone guide
Categories: Non categorizzato|

Manuel Manzoni accompagna il percorso delle imprese italiane intenzionate ad espandersi all’estero. La sua iniziativa è nata nel 2021, a seguito dell’esperienza poco chiara riscontrata in un’azienda italiana, interessata ad espandere la propria attività in Medioriente e in Nord Africa. I consulenti in questa occasione non furono particolarmente corretti e così, anziché piangersi addosso, Manzoni ha deciso di capire che cosa non avesse funzionato e di farne tesoro. Da lì è nata un’attività di consulenza a 360 gradi per altre aziende italiane interessate all’internazionalizzazione. Abbiamo voluto fare quattro chiacchiere con Manzoni per capire meglio su questo interessante tema. 

Innanzitutto, Manuel, qual è la prima caratteristica che le imprese industriali italiane devono avere per stare stabilmente sul mercato internazionale. 

Lo dirò in una maniera elegante e in una meno elegante. Ci vogliono consapevolezza e “attributi”. Quello che dico (e che faccio) io è fondamentalmente ispirato a una serie di discorsi di Enrico Mattei che ho avuto la fortuna di leggere. Già all’epoca (anni cinquanta e inizio sessanta) Mattei parlava del “complesso di inferiorità” che gli Italiani si sentono addosso anche se immotivatamente. Nel mondo siamo visti come gente simpatica e con cui far festa ma incapace di fare impresa e mi rendo conto – quando parlo con altri imprenditori – che questa è diventata la classica profezia che si auto-avvera. La realtà dei fatti però smentisce categoricamente questa convinzione. Siamo una nazione con una poderosa storia industriale, con famiglie quali Olivetti, Agnelli, Ferrero… solo per citarne alcune, che ci ha  consentito di essere nel G7”.

Non a caso, oltre a occuparti di internazionalizzazione delle imprese hai un’associazione che punta a diffondere tra gli imprenditori del nostro Paese una cultura aziendale più orgogliosa…

Sì, Open Industria punta a superare il pregiudizio. Sono fermamente convinto che i primi partner commerciali debbano essere proprio i nostri vicini, quindi gli altri paesi europei, e immagino un Vecchio Continente che mette in pratica il sogno della vecchia Comunità Economica Europea, per spiccare rispetto a Stati Uniti e BRICS”.

Andiamo “dritti al punto”, come piace a noi di Promix. Quali sono i passi che compi quando accompagni un’impresa industriale all’estero?

Innanzitutto avverto gli imprenditori dei rischi. Può suonare contraddittorio ma è quel tipo di consapevolezza che salva la vita e parecchi investimenti. Come ricordato con la mia VPS Italy, attiva nel campo delle valvole per il comparto Oil and Gas, avevo scelto di puntare su Medioriente e Nord Africa e mi affidai ad alcuni Temporary Export, con figure di consulenza esterne per le due zone: si vendevano come società di internazionalizzazione ma, dopo due anni e a fronte di oltre 180 mila euro di investimento, il ritorno era stato zero. C’era stato solo qualche contratto depositato ma niente di più”.

Che cosa hai scelto di fare? 

“Ero al classico bivio: o mettere a perdita, oppure capire. E così mi sono messo ad analizzare la situazione e ho capito che le persone cui mi ero affidato non erano temporary export certificati. Ho poi scoperto che c’è una norma di riferimento nel campo dell’internazionalizzazione, la Uni 11-823, in base alla quale dovrebbe essere sempre seguito lo stesso processo: 

  1. Analisi dell’azienda, dei suoi prodotti e della supply chain, in modo da avere uno screening dell’azienda e della sua capacità produttiva; 
  2. Analisi del mercato e dei competitor, chi importa di più e meglio… 
  3. Identificazione dei mercati su cui svilupparsi.

La norma è diventata la chiave del mio business, perché mi sono messo io al servizio delle altre imprese con tutto quello che avevo imparato. Ho seguito una strategia imprenditoriale e ho messo in piedi una squadra di serie A, di cui fanno parte ad esempio il senior export Alberto Bertini e Marco Scardeoni uno dei principali esperti di fiscalità in Italia”.

E qui proseguiamo con il percorso per le aziende. Secondo step?

Parlo delle opportunità con un focus particolare sul Medioriente. Dubai è il miglior esempio per un imprenditore: qui capisci che con una visione non indifferente, costanza, impegno e commitment puoi creare qualunque cosa ti venga in mente. Dubai è un luogo che punta all’eccellenza e al primato – non a caso sono qui il grattacielo più alto, la ruota panoramica più grande… – e quando gli imprenditori si concentrano sull’eccellenza l’attitudine è di alto livello. Per coglierne tutte le opportunità ho deciso di far parte di Fen Imprese Dubai e ho aperto una società di investimenti immobiliari.

Il tuo percorso pare funzionare molto bene. Terzo step?

“Una volta che si ha il controllo dei numeri… si fa il passo ma non da soli. Meglio affidarsi a una società comprovata e certificata che possa analizzare il mercato e farne un check up per aumentare il proprio fatturato all’estero. Se ci sono le premesse giuste, penso che il processo di internazionalizzazione della nostra industria sia il modo migliore per portare capitali in Italia. Lo dico da italiano amante dell’Italia”.

 Quali sono le scoperte più interessanti che hai fatto con questa tua attività?

Mi ha stupito molto la mancanza di informazione fra i colleghi imprenditori, probabilmente dovuta anche al fatto che in Italia oltre l’80% del nostro parco industriale è composto da piccole e medie imprese, con gli imprenditori che sono soprattutto esecutori e hanno poco tempo per informarsi. Se però ricevessero le informazioni corrette e sapessero, ad esempio, che siamo il quarto Paese per esportazione potrebbero vedere ancora più possibilità per le loro aziende”.

Siamo qui apposta per raccontarlo. Quale attività consigli a questi imprenditori così impegnati per affacciarsi all’estero? 

“Fare rete con chi li circonda. Io vivo di networking: parlo con tutti, indipendentemente da quello che fanno, perché sono sempre energie che entrano in circolo. Credo talmente tanto nel networking che nel 2019 abbiamo ho proposto una joint venture a un concorrente di VPS Italy: MAXNOVO. Unendo le nostre competenze e dividendoci i compiti siamo riusciti a superare i volumi della multinazionale inglese che noi vedevamo come punto di riferimento irraggiungibile. Evidentemente non lo era. 

In Italia non è da tutti.

Anche da questo punto di vista le cose stanno cambiando: le generazioni di chi è nato fra gli anni Ottanta e Novanta sono più propense a cogliere le opportunità che nascono guardandosi attorno. I nostri padri erano stati abituati a pensare solo al lavoro in sé, testa bassa e via andare: noi abbiamo alzato la testa e sviluppato la capacità di unirci e non fregarci a vicenda. Una prerogativa che i Francesi hanno sviluppato molto prima, ad esempio”.

Manuel Manzoni torna al suo lavoro ma ci lascia altri consigli con il suo libro Dubai, l’emirato del possibile, in cui spiega ancora più a fondo quello che lui vede come il nuovo centro geopolitico del mondo. Per il resto, con Open Industria, si propone di dare supporto a chiunque si impegni a sposare il Piano Mattei: “Qualunque governo sposi l’autosufficienza energetica avrà il nostro supporto”.

Intervista a Manuel Manzoni, a cura di Daniela Faggion